Ep. 84: Marzia Camarda - Torino e l'industria culturale: tra tradizione e innovazione
Échec de l'ajout au panier.
Échec de l'ajout à la liste d'envies.
Échec de la suppression de la liste d’envies.
Échec du suivi du balado
Ne plus suivre le balado a échoué
-
Narrateur(s):
-
Auteur(s):
À propos de cet audio
Nell’episodio 84 di Torino e Cultura ho conversato con Marzia Camarda, una delle figure più incisive del panorama culturale italiano e torinese. Editor di professione, Camarda è responsabile editoriale del progetto Prometeo del Politecnico di Torino, presidente dell’Italian Cultural Content Industry e autrice del Dizionario di genere (Settenove).La sua visione parte da una convinzione chiara: la cultura non è solo un valore simbolico, ma può e deve diventare industria. Torino, dice, ne è la prova: “La capacità di trasformare la cultura in industria, dall’editoria al cinema alla musica, è nel DNA della città.” E ricorda come proprio qui sia nata la prima enciclopedia italiana, simbolo di un sapere che non resta nei libri ma diventa progetto collettivo.Questa eredità, per Camarda, non è nostalgia, ma identità produttiva: la base su cui costruire un presente in cui rigore intellettuale e spirito imprenditoriale convivono. È in questo solco che si inserisce il lavoro dell’Italian Cultural Content Industry, nata per mettere in rete le filiere creative — editoria, cinema, musica, fotografia, tecnologia — e farle dialogare. Un ecosistema fluido dove la contaminazione è valore e la collaborazione diventa metodo.“Serve la capacità di aprire linguaggi e mondi diversi”, sottolinea. Non per perdere la propria identità, ma per arricchirla. La cultura, in questa visione, non è più un comparto isolato: è una rete dinamica che attraversa discipline e pubblici, connettendo economia, ricerca e immaginazione.Un esempio concreto è Prometeo, il progetto del Politecnico di Torino che Camarda guida sul piano editoriale. È un laboratorio narrativo dentro un’università tecnica: un esperimento di comunicazione del sapere che traduce la complessità della ricerca in contenuti accessibili e coinvolgenti. “L’università non deve solo produrre conoscenza,” dice, “deve imparare a raccontarla.” Prometeo dimostra che anche l’innovazione tecnologica può diventare cultura, se raccontata nel modo giusto.Accanto a questo lavoro, Camarda porta avanti da anni un impegno profondo per la parità di genere. Il suo Dizionario di genere rappresenta il più grande censimento internazionale di termini legati all’identità, con oltre 2400 lemmi che mappano le parole del cambiamento sociale. “Se puoi nominarlo, puoi cambiarlo,” recita il claim del progetto. Il linguaggio, spiega, non è mai neutro: costruisce la realtà tanto quanto la descrive. Dare nome a fenomeni invisibili significa renderli pensabili, e quindi modificabili.In un’epoca in cui il dibattito sull’inclusione è spesso polarizzato, il lavoro lessicografico di Camarda è un atto di cura: fornisce strumenti concettuali per parlare di genere con precisione e consapevolezza. È anche un dispositivo educativo, utile a chi lavora nei media, nella scuola, nella sanità o nelle risorse umane — ambiti in cui le parole determinano comportamenti e percezioni.Durante la conversazione abbiamo riflettuto anche sulle nuove modalità di relazione nel mondo culturale contemporaneo. La digitalizzazione ha cambiato il modo in cui la cultura si produce e si fruisce, e oggi chi lavora nei contenuti deve possedere competenze sempre più trasversali. L’editor, dice Camarda, è ormai un regista di significati, un connettore di saperi che attraversa formati e tecnologie.Alla fine, la sua idea di cultura appare chiara: un terreno di sperimentazione continua, dove la tradizione diventa piattaforma per innovare. Torino, in questo senso, resta una città che “pensa più di quanto parli” — capace di costruire con discrezione, ma con una forza progettuale unica.L’incontro con Marzia Camarda restituisce l’immagine di una cultura viva, concreta, capace di generare valore e non solo di raccontarlo. È la prova che l’Italia può ancora pensare la cultura come motore di sviluppo, se la considera una competenza produttiva, non un lusso da proteggere.