Épisodes

  • Annamè: una storia che interroga le coscienze e rompe il silenzio
    Dec 10 2025
    Annamè: Un dialogo letterario che affrontava la violenza sistemica contro le donne, intrecciando responsabilità civile, memoria collettiva e radici mediterranee.

    Lo scrittore Giuseppe Cristaldi conversava ai microfoni di Unica Radio, introduce i temi centrali del suo ultimo lavoro letterario dal titolo Anna. L'idea di narrare la storia di Annamè non emergeva da un singolo episodio ispiratore, ma era piuttosto la manifestazione di un profondo e ineludibile senso di responsabilità civile. L'autore sentiva la necessità morale di confrontarsi con quella che definiva una vera e propria mattanza in corso, perpetrata quotidianamente ai danni della donna. Cristaldi spiegava che proveniva da lunghe esperienze in cui seguiva innumerevoli storie, ognuna delle quali conteneva una sua inconfondibile unicità, ma tutte inevitabilmente legate da un unico e terribile comune denominatore: la violenza.

    Il Personaggio di Annamè

    Il personaggio di Annamè emergeva nel racconto con una dualità notevole, essendo sia straordinariamente forte che intrinsecamente fragile. Giuseppe Cristaldi rivelava che lo interessava in particolare penetrare il senso dell'essere al mondo di una figura che era, in senso lato, una "figlia del peccato," una bambina costretta a crescere senza la figura paterna. Il padre di Annamè veniva emblematicamente chiamato dall'autore un marinaio di terra, simbolo di promesse effimere e diffuse nel vuoto. La madre era una giovane donna senza alcun sostegno stabile. La stessa nascita di Annamè si collocava in un contesto quasi presepiale: avveniva in una umile cantina, sotto il fiato di due volpini e al flebile tepore di una stufa a cherosene che, pur non scaldando a sufficienza, teneva compagnia.

    Dietro la costruzione narrativa e l’immagine simbolo del romanzo

    Nei passaggi successivi della sua analisi, Giuseppe Cristaldi raccontava come la scrittura di servizio guidasse ogni scelta narrativa e come Anna derivasse interamente da episodi autentici che avevano caratterizzato vite reali. L’autore descriveva la scena alla quale rimaneva più legato: il parto di Annamè, evento che si svolgeva in un vortice improvviso di cooperazione femminile, quasi epico nella sua essenza. La madre, sorpresa dalle doglie, fermava un automobilista e si metteva alla guida, mentre una vicina la aiutava a sistemare la bambina sul sedile posteriore. Questa immagine di coalizione immediata rappresentava, per Cristaldi, il simbolo più nitido del libro: un esempio di solidarietà istintiva, collettiva, che mostrava come nella fragilità emergesse la forza delle relazioni umane.

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    8 min
  • Latte+: la danza come specchio delle nostre ferite invisibili
    Dec 9 2025
    Latte+: Un viaggio nell’universo poetico e inquieto di Salvatore Sciancalepore, tra dinamiche emotive, violenza invisibile e potenza fisica della danza contemporanea, in scena al Find 2025.

    Ospite ai microfoni di Unica Radio, Salvatore Sciancalepore racconta la sua ricerca coreografica legata allo spettacolo Latte+, previsto in scena venerdì 21 novembre a Sa Manifattura, e alla sua masterclass che si terrà il 20 novembre presso la scuola Assunta Pitaluga. Salvatore intreccia tecnica, ascolto e un profondo lavoro sul linguaggio fisico, e descrive il workshop come uno scambio sincero: un modo per riconoscere che, al di là dei ruoli, l’emotività umana è un terreno comune.

    Durante la masterclass, i partecipanti lavoreranno su una partitura estratta da Latte+, sperimentando una pratica condivisa che privilegia percezione, micro-movimenti e costruzione emotiva. Questo processo crea un confronto vivo, in cui la dimensione tecnica si fonde con quella dramaturgica.

    Kubrick, il cinema e la violenza ciclica

    L’immaginario di Stanley Kubrick è una delle ispirazioni principali del lavoro Latte+. Sciancalepore, dichiarato cinefilo, racconta come Arancia Meccanica abbia segnato la sua sensibilità artistica sin da giovanissimo. Nel creare Latte+, non ha tradotto il film letteralmente in danza, ma ha estratto il concetto di violenza reiterata e ciclica, riportandolo sulle esperienze quotidiane: bullismo, omofobia, violenza di genere e dinamiche oppressive che ancora attraversano la società contemporanea.

    La violenza invisibile: la salute mentale come ferita collettiva

    Al centro della ricerca c’è ciò che non si vede ma si sente: la violenza silenziosa. Salvatore individua nella salute mentale una delle forme più sottovalutate di sofferenza. L’incapacità sociale di percepire un disagio non visibile genera distanza, incomprensione e solitudine. La danza, in questo contesto, diventa un mezzo per dare corpo all’invisibile.

    I corpi come testimonianza

    Nel lavoro con gli interpreti – Sally Demonte, Sofia Filippi, Flavia Giuliani, Rocco Suma, Gennaro Todisco e Sofia Zanetti – il coreografo ha chiesto di partire dalle proprie ferite. Non si tratta di rappresentare la violenza, ma di incarnarla, sentendone il peso fisico e restituendo al pubblico una verità cruda ma umana.

    Cosa vedrà il pubblico al Find 2025

    Lo spettacolo si articola in tre macro-scenari che affrontano dinamiche come bullismo, patriarcato interiorizzato, identità queer e anestetizzazione emotiva. L’obiettivo è scuotere lo spettatore, spingerlo a riconoscere quanto dolore collettivo abbiamo normalizzato.

    La responsabilità della danza oggi

    Per Salvatore, la danza ha il compito di raccontare ciò che non vogliamo vedere, restituendo complessità a un presente che rischia di diventare indifferente. Latte+ è un invito a non abituarsi alla violenza e a continuare a parlarne.

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    11 min
  • Strade Maestre: l’anno scolastico in cammino che trasforma i giovani
    Dec 8 2025
    Filippo Boetti racconta il suo percorso nel progetto educativo che unisce cammino, comunità e crescita personale. Un anno scolastico fuori dal comune

    Strade Maestre è un progetto educativo pensato per gli studenti degli ultimi tre anni delle scuole superiori. Ragazze e ragazzi, insieme alle famiglie, scelgono di trascorrere nove mesi lontano da casa. Durante questo periodo, seguono un percorso scolastico in cammino. Gran parte del tragitto avviene a piedi, mentre altre tappe richiedono mezzi di trasporto.

    I giovani sono accompagnati da guide e insegnanti che li seguono lungo tutto il percorso. Insieme formano una comunità di apprendimento. Qui imparano a rispettarsi, a collaborare e a valorizzare le proprie capacità.

    Alla scoperta di sé stessi

    Filippo Boetti ha deciso di partecipare per affrontare un periodo di malessere e vedere la realtà da un punto di vista diverso. Cresciuto a Cagliari, spesso si sentiva estraneo al proprio ambiente. Il cammino gli ha permesso di fermarsi e riflettere.

    Grazie a questa esperienza, Filippo ha riscoperto il valore del tempo dedicato a sé stesso. Ha coltivato la passione per la lettura e imparato a gestire i propri ritmi interiori. Inoltre, la vita quotidiana in comunità lo ha aiutato a smussare alcuni lati del suo carattere, rendendolo più paziente e aperto agli altri.

    La forza della comunità e del confronto

    Convivere 24 ore su 24 con il gruppo ha rappresentato una sfida importante. Tuttavia, Boetti sottolinea come il confronto quotidiano abbia favorito la crescita personale. L’uso di tecniche di comunicazione non violenta ha permesso di risolvere i conflitti in modo costruttivo.

    Inoltre, la collaborazione e la vita condivisa hanno rafforzato i legami tra i partecipanti. Ogni difficoltà è diventata un’opportunità per imparare e crescere insieme.

    Una nuova prospettiva sulla vita

    L’esperienza ha cambiato profondamente il modo di vedere la realtà di Filippo. Ha imparato a distinguere ciò che è essenziale da ciò che è superfluo. Ogni momento del cammino è stato vissuto come un’occasione di apprendimento personale e collettivo.

    Strade Maestre conferma la sua unicità. Coniuga apprendimento scolastico, crescita individuale e vita comunitaria lungo la strada, offrendo ai giovani strumenti preziosi per il futuro.

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    6 min
  • Fausta Laddomada: sociologa, community manager e imprenditrice
    Dec 7 2025
    Un viaggio nella comunicazione, tra cinema, teatro e startup, dove creatività e intraprendenza guidano il successo professionale e l’imprenditorialità, raccontato direttamente dalla protagonista.

    Il percorso di chi lavora nel mondo della comunicazione è spesso fatto di curiosità, passione e voglia di mettersi in gioco. La protagonista dell’intervista: Fausta Laddomada, ha iniziato dai suoi studi in Scienze della Comunicazione, per poi dedicarsi al cinema e alle analisi dei dati sugli incassi e i successi dei film italiani.

    Dopo esperienze nel cinema e nell’organizzazione di festival, il ritorno a Cagliari l’ha portata a lavorare nel teatro, combinando attività organizzative con la promozione degli eventi. Nel 2013 ha fondato la sua prima agenzia di comunicazione, Itaca, e ha iniziato a occuparsi di community management e progetti culturali, lavorando anche con startup innovative.

    Nel 2016, ha aperto Lost Room, un’escape room che unisce gioco, cultura e team building, dimostrando come creatività e strategia possano fondersi in progetti di successo.

    Nell’intervista, riflette anche sui cambiamenti portati dai social media, che influenzano le relazioni e l’autenticità nella comunicazione. Consiglia ai giovani laureati in Comunicazione di mettersi in gioco, imparare costantemente e capire se orientarsi verso ruoli tecnici o gestionali, secondo le proprie inclinazioni.

    Alle donne che vogliono intraprendere la carriera imprenditoriale suggerisce di credere nelle proprie capacità, prepararsi con determinazione e valorizzare le proprie qualità, costruendo una rete di supporto e affrontando le sfide con coraggio.

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    16 min
  • Staytri: dalla scrittura al pop melodico
    Dec 6 2025
    Dalle prime rime alle scuole medie al pop melodico contemporaneo, Staytri racconta il suo percorso artistico tra scrittura, cambiamento stilistico, live emozionanti e nuovi orizzonti sonori.

    Dalla provincia sarda alle nuove rotte del pop italiano, Staytri, nome d’arte di Stefano Porcu, costruisce il suo progetto musicale partendo da un elemento chiave: la scrittura. Fin dall’inizio, infatti, le parole rappresentano il centro della sua espressione artistica. Non a caso, il suo percorso nasce già alle scuole medie, quando i primi testi diventano uno spazio personale di racconto e sfogo.

    Col tempo, però, la musica cambia. E con essa cambia anche Staytri. In modo graduale, lascia alle spalle le influenze rap e trap, per avvicinarsi a suoni più melodici e accessibili. Questa transizione non è immediata, ma avviene attraverso una maturazione naturale, legata sia alle esperienze di vita sia a una maggiore consapevolezza artistica.

    Dalla scrittura personale a un linguaggio condiviso

    Al centro del progetto Staytri resta sempre il valore delle parole. I suoi testi, infatti, non cercano artifici complessi. Al contrario, puntano su uno stile semplice e diretto, capace di arrivare subito all’ascoltatore. Proprio questa semplicità diventa la forza principale della sua musica.

    Attraverso la scrittura, Staytri affronta temi universali come l’amore, la nostalgia e il caos interiore. Tuttavia, lo fa mantenendo uno sguardo autentico, senza filtri. Così, ogni canzone si trasforma in un messaggio riconoscibile, in cui molti possono ritrovarsi.

    Inoltre, la scelta di un linguaggio immediato permette ai brani di superare i confini del genere. Anche per questo motivo, il passaggio al pop melodico appare come una naturale evoluzione, più che come una rottura con il passato.

    L’emozione del live e il legame con la Sardegna

    Se la scrittura rappresenta l’origine, il palco diventa invece il momento della verità. Tra le numerose esibizioni in Sardegna, Staytri individua nel concerto di Santa Greca l’esperienza live più intensa. Da un lato, per il forte coinvolgimento emotivo. Dall’altro, per la responsabilità di esibirsi davanti a un pubblico numeroso e partecipe.

    In quell’occasione, infatti, la musica smette di essere solo racconto individuale e diventa condivisione collettiva. È proprio sul palco che l’artista misura la potenza delle sue canzoni e comprende il valore del contatto diretto con chi ascolta.

    Uno stile in continua evoluzione

    Oggi Staytri descrive il proprio stile come variabile, nostalgico e melodico. Non ama definirsi con un’unica etichetta, perché la sua musica segue l’evoluzione delle emozioni. Di conseguenza, ogni nuova uscita rappresenta un tassello diverso del suo percorso.

    In questa direzione si inserisce anche l’annuncio del prossimo singolo. Il brano, ormai imminente, esplorerà nuove sonorità legate alla house melodica, ampliando ulteriormente il suo orizzonte musicale. Ancora una volta, quindi, il cambiamento diventa parte integrante dell’identità artistica.

    Uno sguardo al futuro

    Guardando avanti, Staytri conferma la direzione intrapresa negli ultimi lavori. Il prossimo singolo, infatti, sarà una naturale continuazione di questo percorso. Il brano esplorerà ancora sonorità house melodiche, con un ritmo più lento, atmosfere nostalgiche e una forte componente emotiva.

    Allo stesso tempo, l’artista racconta di essere profondamente immerso nella scrittura. Sta lavorando con costanza ai prossimi brani, cercando nuove sfumature senza perdere coerenza stilistica. In parallelo, inoltre, si sta dedicando anche alla realizzazione di alcune cover, vissute come esercizio creativo e occasione di confronto con altri linguaggi musicali.

    In questo modo, il futuro di Staytri si costruisce passo dopo passo. Da un lato, la continuità sonora. Dall’altro, la voglia di sperimentare. Sempre partendo dalle emozioni e dalla scrittura, che restano il cuore del progetto.

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    7 min
  • Anna Maria Aloi: dietro la Mobilità Internazionale UniCA
    Dec 5 2025
    Professionista chiave dell’internazionalizzazione dell’Università di Cagliari, Anna Maria Aloi coordina mobilità studentesca, inclusione e accordi globali, offrendo agli studenti nuove opportunità di crescita personale, accademica e culturale

    Mobilità Internazionale UniCA: il ruolo di Anna Maria Aloi Nel contesto della mobilità internazionale universitaria, la figura di Anna Maria Aloi emerge con chiarezza come pilastro strategico dell’istituzione. Anna Maria Aloi è funzionario responsabile del Settore Mobilità Studentesca presso l’ufficio ISMOKA Office dell’Università degli Studi di Cagliari (UniCA). La frase chiave “Anna Maria Aloi” compare sin dall’introduzione per sottolineare l’importanza della sua azione e del suo incarico. Lei coordina la mobilità, gli accordi bilaterali, i programmi Erasmus+ e altri progetti che permettono agli studenti e al personale di confrontarsi con il mondo.

    Un percorso professionale al servizio della mobilità

    Anna Maria Aloi ha assunto la responsabilità del settore mobilità studentesca in un momento in cui l’internazionalizzazione è diventata una priorità per l’Università. L’ufficio ISMOKA opera come “porto di arrivo e di partenza” per centinaia di studenti, docenti e dottorandi che partecipano a programmi europei ed extra-europei. Il suo lavoro non si limita alla mera gestione amministrativa: comprende la pianificazione strategica, la definizione degli accordi, il supporto agli studenti, la creazione di percorsi inclusivi.

    Mobilità, inclusione e radici

    Un tratto distintivo dell’approccio di Aloi è l’attenzione all’inclusione. Nell’intervento inaugurale dell’anno accademico, ha sottolineato che l’istruzione è “l’arma più potente per cambiare il mondo”, e ha ribadito che l’università deve essere un ambiente in cui “tutti sono di casa” e in cui anche studenti con disabilità, rifugiati o in condizioni di difficoltà trovino spazio. Questa visione la lega al tessuto identitario della Sardegna, delle radici locali e delle ambizioni globali insieme.

    Accordi bilaterali e partenariati internazionali

    Nel suo ruolo, Aloi supervisiona l’attivazione degli accordi bilaterali, la mobilità per studio e tirocinio nell’ambito del programma Erasmus + (UE ed extra-UE) e la rete di relazioni internazionali dell’ateneo. L’ufficio definisce gli strumenti per consentire agli studenti UniCA di recarsi all’estero e per accogliere studenti stranieri nel campus.

    Impatto per gli studenti e per l’ateneo

    Grazie alla mobilità coordinata da Aloi e dal suo team, gli studenti di UniCA acquisiscono esperienze formative all’estero che arricchiscono il curriculum, le competenze linguistiche e culturali. Allo stesso tempo, l’università rafforza la propria dimensione internazionale, diventa più attrattiva e in grado di fungere da ponte tra la Sardegna e il mondo. Come ha affermato Aloi, questo tipo di mobilità “ha dato modo di incontrare diverse culture e approcci educativi” e ha contribuito a costruire un ambiente più dinamico e aperto.

    Le sfide e il futuro

    È però evidente che il ruolo presenta anche sfide: la gestione di pratiche amministrative complesse, l’adeguamento agli standard europei (come l’Erasmus Charter for Higher Education), la garanzia di pari opportunità per tutti gli studenti e la promozione di una cultura dell’internazionalizzazione permanente. Aldilà dei numeri, il compito è anche “umano”: preparare studenti e staff a confrontarsi con un mondo che cambia. In questo contesto, la visione di Aloi che un’istituzione universitaria offra «ali per volare, radici per tornare e motivi per rimanere» risuona come un faro.

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    26 min
  • Lucido Sottile: come il Cinema di Periferia può diventare un ponte culturale
    Dec 4 2025
    Un percorso culturale che attraversa i quartieri lontani dal centro, costruendo legami, ascolto e partecipazione grazie alla forza dei film e al coinvolgimento diretto delle persone che vivono la periferia.

    Cinema di periferia nasce dall’idea che la cultura debba raggiungere tutti e che i quartieri più distanti, spesso trascurati dalle programmazioni ufficiali, meritino attenzione e occasioni di partecipazione. Il progetto si muove a partire da un bisogno reale: riportare il cinema tra le persone. L’obiettivo non riguarda soltanto la proiezione di film, ma una vera e propria costruzione di comunità, capace di generare dialogo e connessioni tra abitanti, artisti e operatori culturali.

    Cinema come strumento sociale

    Ogni appuntamento si trasforma in un momento di incontro. Le proiezioni vedranno la presenza di scambi informali, discussioni, domande spontanee e riflessioni condivise. Questo rende il cinema un mezzo per riscoprire il valore dello stare insieme, un pretesto per riappropriarsi degli spazi e viverli in modo nuovo. La periferia, spesso percepita come distante o chiusa, acquisisce un’identità diversa: un luogo che non subisce l’assenza di opportunità, ma che può generare cultura in autonomia, partendo dalle sue persone e dalle loro storie.

    Uno sguardo che valorizza il territorio

    Il progetto non propone solo film provenienti da circuiti consolidati: dedica grande attenzione alle produzioni indipendenti, ai registi e alle registe che raccontano la realtà contemporanea con linguaggi personali e coraggiosi. In questo modo offre visibilità a chi crea cinema al di fuori delle logiche commerciali e propone al pubblico opere che raramente trovano distribuzione nelle sale tradizionali. La scelta di lavorare su questi contenuti deriva dal desiderio di portare sullo schermo punti di vista diversi, temi sociali, esperienze locali e storie che parlano direttamente alla comunità che assiste alle proiezioni.

    Uno degli effetti più significativi di Cinema di periferia riguarda la trasformazione degli spazi. Piazze, cortili, sale civiche e aree spesso inutilizzate diventano luoghi vivi, attraversati da famiglie, giovani e persone che riscoprono la voglia di partecipare. Questa riattivazione fisica del territorio rafforza il senso di appartenenza e permette a chi vive la periferia di riconoscersi parte di un processo culturale che non viene calato dall’alto, ma che cresce insieme alla comunità. Il cinema, in questo contesto, assume una funzione rigenerativa: accende nuove energie e riduce le distanze — non solo geografiche, ma soprattutto sociali.

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    10 min
  • Michela Cogotti Valera e il teatro Alidos di Quartu
    Dec 3 2025
    L’attrice sarda Michela Cogotti Valera porta sul palcoscenico del Teatro Alidos a Quartu Sant’Elena storie per bambini e adulti, unendo recitazione, partecipazione e cultura locale in spettacoli emozionanti

    Michela Cogotti Valera è protagonista di una scena teatrale viva e radicata nella Sardegna. Michela Cogotti Valera interpreta ruoli importanti per il Teatro Actores Alidos di Quartu Sant’Elena, contribuendo a portare sul palco storie che parlano a famiglie e appassionati. La sua presenza sul palcoscenico rappresenta un ponte tra tradizione, creatività e comunità.

    Una compagnia storica radicata nella Sardegna

    Il Teatro Actores Alidos opera dal 1982 ed è riconosciuto come compagnia di ricerca e sperimentazione teatrale. Nel corso dei decenni ha costruito una produzione teatrale che mescola arti sceniche, espressività fisica, musica e video, puntando su un linguaggio teatrale che va oltre la semplice parola. La compagnia gestisce il “Teatro Centrale Alidos” a Quartu Sant’Elena e organizza tour teatrali, rassegne e festival.

    Ogni anno il teatro propone stagioni diverse: spettacoli per adulti, spettacoli per ragazzi e famiglie, e collaborazioni con artisti italiani e internazionali. Questo approccio rende il Teatro Actores Alidos un punto di riferimento culturale nell’isola.

    Michela Cogotti Valera: talento e versatilità

    Tra gli interpreti abituali della compagnia figura Michela Cogotti Valera, che ha partecipato a produzioni rivolte a bambine, bambini e famiglie. Un esempio è la rassegna per ragazzi “Il Teatro delle Meraviglie”, in cui l’attrice ha recitato nel ruolo di “Miss Emoticon”.

    Le sue performance dimostrano una versatilità notevole: sa passare da ruoli comici a ruoli più intensi, sa recitare in contesti pensati per i più piccoli e in altri più complessi e densi di significato. Questa poliedricità la rende un volto prezioso per la compagnia e per il pubblico che frequenta il teatro.

    Teatro per famiglie: emozione e valori condivisi

    Grazie al lavoro di attrici come Cogotti Valera, il teatro diventa un luogo di aggregazione e crescita. Spettacoli come “La strega dei bottoni – Una storia nella preistoria sarda” mostrano quanto il teatro possa raccontare storie di comunità, valori, resilienza, solidarietà e trasformazione. In questi contesti, il coinvolgimento del pubblico — famiglie, bambini, adulti — aiuta a riscoprire radici culturali e a creare momenti di condivisione emozionale.

    Il Teatro Actores Alidos non si limita a rappresentare fiabe e spettacoli: attraverso scelte registiche e creative riesce a dare valore a contenuti profondi, spesso vicini al mondo dell’infanzia, ma con uno sguardo capace di parlare anche agli adulti.

    Dal palco alla comunità: un ruolo culturale importante

    L’attività teatrale della compagnia sarda si estende oltre la scena. Organizza laboratori, eventi, progetti speciali, promuove cultura e partecipazione sociale. Attrici come Michela Cogotti Valera diventano così veicoli di crescita culturale per i cittadini, soprattutto per le nuove generazioni.

    In un territorio come quello sardo, con una forte identità e una storia culturale profonda, il teatro diventa elemento di coesione e viva testimonianza dell’arte scenica come strumento di comunità.

    Sfide e speranze per il futuro del teatro

    Portare avanti una compagnia stabile significa affrontare sfide: mantenere viva la creatività, coinvolgere nuove generazioni, adattarsi ai cambiamenti sociali e culturali. Il Teatro Actores Alidos, con la dedizione di chi come Michela Cogotti Valera lo anima, prova a rispondere a queste sfide continuando a proporre spettacoli e iniziative di qualità.

    Il valore del teatro risiede nella sua capacità di emozionare, di far pensare, di far crescere. E in Sardegna, grazie a interpreti come Cogotti Valera, quel valore continua a vivere sul palco e oltre il palco, coinvolgendo famiglie, giovani, comunità.

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    14 min