Épisodes

  • Global Sumud Flottilla, diario di bordo #3
    Sep 4 2025
    GLobal Sumud Flottilla, giorno tre. Il Mediterraneo è un corridoio nervoso: mare in miglioramento dopo la notte di droni che ha allarmato gli equipaggi in rotta da Barcellona, alcune barche in sosta tecnica alle Baleari/Minorca, altre già ripartite. Sul ponte si contano presenze e responsabilità: dodici rappresentanti eletti chiedono «un corridoio umanitario immediato», delegazioni da 44 Paesi rivendicano la rotta civile, mentre l’esperta ONU Francesca Albanese ricorda che la missione «rispetta pienamente il diritto internazionale».

    Intorno, la politica misura se stessa. Il ministro israeliano Ben-Gvir propone di classificare come «terroristi» i volontari e detenerli nelle carceri speciali e in Italia l’ANPI prende sul serio quelle minacce e chiede due azioni che chiamano il governo alla prova dei fatti: protezione diplomatica agli equipaggi e sospensione del memorandum con Israele.

    Dalla Sicilia il quadro si completa: Emergency conferma la partecipazione con la Life Support in funzione di osservazione e supporto medico-logistico, con partenza dall’area di Catania insieme ad altre unità italiane. Dalla sponda sud, Tunisi è hub di raccolta e formazione: moduli su sicurezza, primo soccorso, protocolli legali; finestra di partenza a inizio settembre condizionata da meteo e verifiche, con possibili slittamenti decisi riunione dopo riunione.

    Il diario, oggi, registra una verità semplice: non è una flotta di slogan. È logistica, diritto e diplomazia esposti alla luce del sole, contro un assedio dichiarato illegale da giuristi e organismi internazionali. Le barche avanzano lente, ma la loro velocità non è la misura del risultato.

    #LaSveglia per La Notizia

    Diventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/la-sveglia-di-giulio-cavalli--3269492/support.
    Voir plus Voir moins
    2 min
  • Global Sumud Flottilla, diario di bordo #2
    Sep 3 2025
    La testa della flotta è già in mare dopo la partenza del 1° settembre da Barcellona. La notte è stata dura: mare grosso, apparati in tilt, molte radio mute. Gli attivisti parlano di «tempesta elettromagnetica» che ha costretto alcune barche al rientro, mentre chi è rimasto in rotta ha navigato a vista con quattordici unità. In mattinata il segnale è tornato: i report di bordo dicono che la navigazione prosegue, con danni leggeri e equipaggi in grado di tenere la linea.

    A terra si muove il resto del mosaico. Le unità che hanno fatto scalo a Genova hanno già lasciato il porto; il concentramento italiano e le partenze sono in Sicilia, in coordinamento con Tunisi. A metà mese l’obiettivo è tagliare la rotta verso Gaza.

    Sul piano politico la pressione sale di grado. Tel Aviv continua a criminalizzare la missione e ora minaccia l’intera Europa che la sostiene: un avvertimento che fa coincidere la solidarietà civile con la guerra ibrida. Nelle capitali si discute di sicurezza marittima evitando la parola blocco, mentre il ministro degli Esteri Antonio Tajani, incalzato, ha detto l’ovvio: «terroristi a bordo? Non mi risulta».

    Intanto Gaza resta una ferita aperta. Le cifre dei morti e della fame scivolano via dalle cronache; ogni miglio percorso rimette al centro chi sopravvive dietro il muro e chi prova a raggiungerlo dal mare. È il senso del “sumud”, la testardaggine del restare umani: una flotta di gommoni, pescherecci e persone comuni che trasformano il Mediterraneo in un registro pubblico. Se arriveranno, avremo una prova che la politica può ancora inseguire il diritto. Se verranno fermati, resterà, nitida, la traccia della mano che li ha fermati.

    #LaSveglia per La Notizia

    Diventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/la-sveglia-di-giulio-cavalli--3269492/support.
    Voir plus Voir moins
    2 min
  • Global Sumud Flottilla, diario di bordo #1
    Sep 2 2025
    Diario di bordo, giorno uno. La Global Sumud Flottilla lascia Barcellona e Genova con viveri, medici, delegazioni da 44 Paesi su una ventina di barche. Appena l’orizzonte si apre, arrivano le ritorsioni annunciate: il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir promette che gli attivisti «saranno trattati come terroristi». Non una figura retorica: carceri speciali, condizioni punitive, sequestro delle imbarcazioni. La minaccia è un programma politico dichiarato.

    Dalla Spagna arriva la postura che in Europa dovrebbe essere normale e che invece fa notizia: il ministro degli Esteri José Manuel Albares annuncia «tutta la protezione diplomatica» per i cittadini imbarcati e mette sul tavolo in Ue embargo sulle armi a Israele, sospensione dell’accordo di associazione e nuove sanzioni contro i coloni violenti. La legge internazionale non è un’opinione, ricorda.

    Che cosa fa l’Italia? Balbetta. Le richieste di tutela arrivano da parlamentari di opposizione; il Pd parla di minacce «da rispedire al mittente», Più Europa chiede sostegno diplomatico, Conte domanda alla premier se intenda difendere i connazionali e quando si deciderà a prendere le distanze dalle parole di Ben-Gvir. Dal governo, silenzio operativo: un vuoto che pesa come una scelta.

    La portavoce in Italia Maria Elena Delia ricorda che Global Sumud Flottilla opera nella totale legalità. La politica di domani dirà chi, tra Stati membri, ha difeso i suoi cittadini e il diritto internazionale. La Spagna alza la testa. L’Italia, come troppo spesso accade, la china. E quando si china la testa in mare, si rischia di ingoiare acqua.

    #LaSveglia per La Notizia

    Diventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/la-sveglia-di-giulio-cavalli--3269492/support.
    Voir plus Voir moins
    2 min
  • Piazze piene, palazzi vuoti: Gaza chiede politica, non posture
    Sep 1 2025
    Gaza City è stata dichiarata «zona di combattimento». Israele rallenta o interrompe gli aiuti al nord e spinge nuove evacuazioni verso sud. La Croce Rossa avverte che un’evacuazione di massa «non può avvenire in modo sicuro e dignitoso».

    I fatti delle ultime ore: raid e un panificio colpito ad al-Nasr, undici civili uccisi. Dall’alba 44 morti, 66 nelle 24 ore secondo le autorità sanitarie locali. Colpire i forni quando manca il pane è più di un segnale militare: è una scelta politica sulla vita dei civili.

    L’Europa parla ma resta ferma. «Gaza ha bisogno di meno guerra, non di più», dice Kaja Kallas. Ma non è una guerra quella in cui un esercito trucida civili, donne e bambini, gente in fila per la farina e il pane. Gaza ha bisogno di meno vigliaccheria europea. Solo quello.

    Fuori dai palazzi la realtà spinge: in cinquemila al Lido di Venezia e, da Genova, la Global Sumud Flottilla prepara oltre 300 tonnellate di aiuti. La società civile misura il vuoto della politica.

    Intanto Washington restringe il perimetro diplomatico: visti revocati ad Abu Mazen e a funzionari palestinesi a ridosso dell’Assemblea generale. L’Onu chiede chiarimenti.

    Se “sicurezza” significa bombardare quartieri, ridurre gli aiuti e mettere in strada un milione di persone senza rifugio, allora stiamo descrivendo altro. Lo sanno le agenzie umanitarie, lo vedono le piazze europee. L’unica scelta seria è cessate il fuoco, pieno accesso umanitario, sanzioni efficaci contro chi sabota il diritto internazionale. Chiamare le cose col loro nome non è radicalismo: è la minima igiene della verità. Ora.

    La storia condannerà chi ha parlato senza agire.

    #LaSveglia per La Notizia

    Diventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/la-sveglia-di-giulio-cavalli--3269492/support.
    Voir plus Voir moins
    2 min
  • La balla della guerra “chirurgica”
    Aug 23 2025
    Altro che “terroristi”. A Gaza il fuoco israeliano ha colpito soprattutto i civili: lo dice una banca dati interna dell’intelligence militare, non la “propaganda nemica”. Un’inchiesta di +972 Magazine e Local Call con il Guardian mostra che, allineando il database di Aman con i totali del ministero della Salute di Gaza, almeno l’83% dei palestinesi uccisi fino a maggio erano civili; considerando soltanto i decessi “certi”, la quota supera l’86%.
    L’esercito ha confermato l’esistenza del database, poi ha provato a ritrattare: lo stesso zig-zag che da due anni accompagna i numeri degli “operativi eliminati”, gonfiati e sgonfiati senza coerenza mentre i numeri crescevano. Persino membri della commissione Esteri e Difesa della Knesset hanno messo in dubbio quei conteggi; l’ex Ombudsman dei soldati, Itzhak Brik, parla di una cultura della menzogna: «mentono senza sosta».
    Il quadro operativo, intanto, racconta regole di ingaggio slargate: autorizzati più di cento civili uccisi per colpire un comandante di Hamas, fino a venti per un quadro intermedio. È la matematica del “danno collaterale” che diventa politica pubblica, con un rapporto di vittime civili rarissimo nelle guerre contemporanee.
    Bugie insanguinate: ogni volta che emerge un fatto o un numero, l’ipocrisia genocidiaria si svela da sé. La “guerra chirurgica” era un comunicato con l'ossessione di far tornare le cifre prima che tornasse la verità. Se perfino i dati interni israeliani convergono sul massacro di civili, resta una domanda secca: quante altre smentite serviranno perché si ammetta che la strategia ha preso di mira un popolo più che un esercito?

    #LaSveglia per La Notizia

    Diventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/la-sveglia-di-giulio-cavalli--3269492/support.
    Voir plus Voir moins
    2 min
  • La palla è dell’Ue: sanzioni ora o complicità
    Aug 22 2025
    I sindacati europei tornano a fare il loro mestiere: difendere i diritti quando la politica abdica. Confederazioni e federazioni del lavoro chiedono alla Commissione di sospendere l’Accordo di associazione con Israele e di bloccare gli scambi con gli insediamenti nei Territori occupati. È il punto in cui le parole di circostanza hanno esaurito la loro utilità: davanti a Gaza affamata e rasa al suolo, il registro delle “preoccupazioni” è un alibi. Le sanzioni sono uno strumento di diritto, non un tabù.
    Nel frattempo, un altro fronte civile si è mosso: gli allenatori italiani hanno scritto alla Figc chiedendo di inoltrare a Uefa e Fifa la sospensione temporanea di Israele dalle competizioni internazionali. Niente crociate ideologiche: in ballo c’è un principio semplice, lo sport non può normalizzare l’eccezione permanente. Quando i corpi dei bambini pesano più delle classifiche, l’unico risultato che conta è la pressione per fermare la violenza. La richiesta dell’Aiac è netta e, per una volta, coraggiosa.
    Matteo Salvini ha risposto che «gli allenatori facciano gli allenatori». Accogliamo il criterio: i ministri facciano i ministri. Chi guida le Infrastrutture garantisca treni puntuali e opere trasparenti, senza usare lo sport come paravento di una linea politica impalpabile. Il governo ripete: «non politicizzate il calcio». Intanto chiede al Paese di abituarsi alla politica che non decide. Se i sindacati europei indicano la strada del diritto e gli allenatori ricordano il peso della coscienza, all’esecutivo resta un compito minimo: prendere atto che la neutralità, oggi, coincide con la complicità.

    #LaSveglia per La Notizia

    Diventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/la-sveglia-di-giulio-cavalli--3269492/support.
    Voir plus Voir moins
    2 min
  • Gaza-Verona: il referto che fa crollare gli slogan
    Aug 21 2025
    A Verona la cartella clinica ha fatto quello che la politica elude: ha riportato i fatti. Osama, 5 anni, il bambino di Gaza bollato come «fake», è stato dimesso dopo due mesi di cure al Borgo Trento. Era arrivato il 12 giugno con un volo umanitario, 9,2 chili di peso, diagnosi di grave malnutrizione e un deficit immunitario moderato; oggi è attorno ai 14 chili, continuerà profilassi e controlli ambulatoriali. È una storia medica, prima che mediatica.
    Per settimane il suo volto è stato trascinato nel gioco della propaganda. L’unità COGAT e lo stesso Benjamin Netanyahu hanno indicato le foto dei «bambini affamati» come costruzioni, citando il caso e minacciando azioni legali contro chi le pubblicava. «Sono tutte false», ha detto il premier, trasformando un referto in un processo d’intenti. Qui, invece, hanno parlato i medici.
    «Tra le cause del grave malassorbimento intestinale anche le condizioni imposte dalla guerra», ha spiegato il pediatra che lo ha seguito. Non è un dettaglio: spiega perché un bimbo con comorbidità sia precipitato laddove i farmaci di base, gli enzimi per digerire, il cibo proteico e l’accesso alle cure sono diventati beni rari. Già a maggio Osama era stato fotografato al Nasser Hospital in un ambulatorio per la malnutrizione; e intanto l’ONU registra, solo a luglio, oltre 12 mila casi di malnutrizione acuta sotto i cinque anni, 2.500 gravi. Dati, non slogan.
    Questa vicenda dice qualcosa di più largo del singolo caso. Quando i corpi diventano argomenti, la prima vittima è la verità. Gli ospedali, in Italia come a Gaza, sono gli unici luoghi dove il dibattito torna misurabile: peso, esami, terapie, esiti.

    #LaSveglia per La Notizia

    Diventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/la-sveglia-di-giulio-cavalli--3269492/support.
    Voir plus Voir moins
    2 min
  • Gaza è una sindone
    Aug 19 2025
    Gaza non è un’eccezione. Gaza è la sindone del governo di Israele.» La trama si legge nitida aprendo il rapporto di Mediterranea with Palestine su Masafer Yatta: in 129 giorni, 838 violazioni in 27 villaggi; quasi una su due è un’invasione di proprietà (409), poi 51 demolizioni, 110 tra arresti e detenzioni, 12 nuovi o ampliati avamposti. È un metodo: coloni e forze dell’ordine agiscono in sincrono per produrre spossessamento e resa.
    Il diritto lo dice da tempo. Nel Parere del 19 luglio 2024 la Corte internazionale di giustizia qualifica l’insieme delle pratiche israeliane nei Territori occupati come illegale; impone agli Stati terzi obblighi di non riconoscere, non assistere, cooperare per far cessare la situazione. Non una nota a margine: un vincolo giuridico.
    I numeri descrivono l’ingegneria demografica: oltre 700.000 coloni in Cisgiordania, avamposti incentivati e poi “legalizzati”; l’invasione della sfera privata come anticamera di aggressioni, incendi, blocchi, confische. La “de-palestinizzazione” è una politica di Stato.
    C’è poi l’architettura carceraria: corti militari con tassi di condanna fino al 99,7%; detenzioni amministrative senza capi d’accusa rinnovabili; a maggio 2025 i prigionieri palestinesi sono 10.068, con migliaia di persone senza processo. È la normalizzazione dell’arbitrio come strumento di governo.
    Per questo Gaza è una sindone: imprime sul tessuto del presente l’immagine rovesciata di un sistema che si vede identico, seppure a intensità variabile, da Hebron a Khan Younis. La comunità internazionale non può continuare a contemplare il lenzuolo e fingere di non riconoscere il corpo.

    #LaSveglia per La Notizia

    Diventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/la-sveglia-di-giulio-cavalli--3269492/support.
    Voir plus Voir moins
    2 min