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Page de couverture de La Sveglia di Giulio Cavalli

La Sveglia di Giulio Cavalli

La Sveglia di Giulio Cavalli

Auteur(s): Giulio Cavalli
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Dal lunedì' al venerdì, ogni mattina, la sveglia per il quotidiano La Notizia. E poi le letture. E tutto quello che ci viene in mente.

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Politique
Épisodes
  • Occhi su Gaza, diario di bordo #94
    Dec 6 2025
    corpi arrivano prima delle parole. Aws Bani Harith, vent’anni, steso su un lettino con la pelle incisa come un terreno devastato: racconta la tortura dei coloni meglio di qualsiasi testimonianza. Jamal Shtiw, la testa bendata, ripete che erano più di trenta, armati di pietre, bastoni, spray, e che sua figlia urlava mentre gli incendiavano l’auto. Nour al-Din Dawood esce dal carcere irriconoscibile, un’ombra del ragazzo che era. In mezzo scorrono le raffiche dei droni su Gaza City est, quelle che nei video illuminano il buio come se cercassero di cancellarlo.
    Intorno ai volti c’è la mappa della violenza: nella Cisgiordania di queste ore i coloni entrano nei villaggi a est di Ramallah, bruciano veicoli, lasciano scritte sui muri, attraversano le strade come pattuglie autonome. I numeri delle agenzie non hanno più nulla di astratto: cinque attacchi al giorno dall’inizio dell’anno, uliveti devastati, famiglie spinte via con la certezza dell’impunità. In quelle statistiche c’è Aws, c’è Jamal, c’è chi non ha una telecamera accanto.
    E poi Gaza, dove i progetti sul “dopo” vengono annunciati mentre il “durante” non si arresta. La Casa Bianca parla di una nuova fase entro due settimane, un’architettura di sicurezza per la Gaza che verrà; intanto a Tuffah saltano case, a Maghazi si scava tra le macerie, a Khan Yunis continuano i colpi delle navi al largo. Le tregue future vivono separate dalle esplosioni presenti.
    Sul confine nord UNIFIL denuncia tre nuovi attacchi israeliani in Libano, un’altra violazione della 1701. In Europa si discute di boicottaggi, presepi che mettono Gaza al centro, gesti che sembrano minuscoli mentre tutto continua a franare.
    Resta la distanza tra ciò che si annuncia e ciò che accade. La diplomazia scrive il futuro, i corpi raccontano il presente. E nessuno dei due coincide con la parola “pace”.

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    2 min
  • Occhi su Gaza, diario di bordo #93
    Dec 5 2025
    La foto della famiglia sterminata ieri a Gaza è l’ennesimo frammento di un archivio che cresce mentre il cessate il fuoco resta appeso a comunicati sempre più vuoti. Le squadre di recupero continuano a estrarre corpi da Khan Younis e Daeri, i coloni in Cisgiordania registrano nuovi assalti nella zona di Shilo, e l’ONU parla apertamente di una «pratica sistemica» che ignora ogni obbligo delle misure provvisorie della Corte internazionale di giustizia.
    Nelle stesse ore è arrivato il nuovo rapporto Don’t Buy Into Occupation. Non parla più di “economia dell’occupazione”: adotta la definizione di «economia del genocidio» mutuata dal lavoro di Francesca Albanese. Dentro ci sono 104 aziende globali e più di 1.100 istituzioni finanziarie europee che alimentano la macchina militare israeliana, con oltre 1.500 miliardi di dollari di esposizione. Il capitolo italiano è nitido: Unicredit tra i primi creditori europei, Intesa Sanpaolo e Generali tra gli investitori, Leonardo ed ENI nella catena tecnologica e militare usata nelle operazioni su Gaza.
    Proprio su Leonardo otto associazioni e una cittadina palestinese hanno depositato un ricorso al tribunale civile di Roma. Chiedono di dichiarare illegittimi i contratti che forniscono componenti per F-35, sistemi radar, parti del Trophy installato sui Merkava. È il primo tentativo formale di forzare l’Italia a misurarsi con il proprio ruolo nella filiera che sostiene la guerra.
    Nel frattempo un’altra filiera scorre silenziosa: quella dei dati. L’inchiesta che coinvolge Microsoft e l’Unità 8200 apre un fronte europeo sul trattamento di materiale di sorveglianza raccolto nei territori palestinesi e archiviato su server Ue. Anche questo è parte dell’infrastruttura del conflitto.
    E mentre tutto questo si muove, in Parlamento il Pd presenta un disegno di legge che lega critica a Israele e antisemitismo. Una norma che arriva proprio quando l’ONU e DBIO documentano il contrario: la necessità di guardare in faccia la catena che rende possibile ciò che vediamo ogni giorno nelle macerie di Gaza.

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    2 min
  • Occhi su Gaza, diario di bordo #92
    Dec 4 2025
    La tregua continua a somigliare a un titolo letto da lontano, perché sul terreno i colpi non rispettano le sospensioni annunciate. A ovest della Linea gialla, nel quartiere di Zeitoun, le forze israeliane hanno aperto il fuoco: l’esercito parla di tre «miliziani eliminati» dopo aver superato la linea; le fonti ospedaliere dell’Al-Ahli hanno registrato civili feriti e un uomo ucciso, arrivato già senza vita. Due versioni che disegnano lo stesso spigolo: il confine che dovrebbe garantire sicurezza diventa di nuovo un varco da cui entra la violenza.
    Intanto sotto le macerie restano oltre 9.500 dispersi, secondo il Gaza Government Media Office. Numeri che non compaiono nei negoziati di queste ore, concentrati sui «reperti» dei due ostaggi recuperati, mentre la contabilità reale della Striscia continua ad ampliarsi. Dal lato giordano arriva un altro frammento del quadro: il ministro degli Esteri Ayman Safadi denuncia più di 500 violazioni del cessate il fuoco e aiuti fermi al 20 per cento del fabbisogno. La tregua, vista da qui, è una cornice che non riesce a trattenere nulla.
    Intanto il corridoio di Netzarim cambia forma: le squadre ingegneristiche egiziane stanno livellando il terreno per costruire nuovi campi destinati agli sfollati, mentre a Al-Zahra nasce un secondo insediamento. È la geografia della Gaza che verrà, tracciata mentre la Striscia è ancora ferita. E Rafah apre solo in uscita, sotto supervisione Ue e con autorizzazione israeliana, senza alcuna indicazione sul rientro. Una porta che rischia di trasformare l’emergenza in migrazione definitiva.
    Sul piano politico la Knesset discute l’adozione del piano in 20 punti dell’amministrazione Trump; Netanyahu prepara il viaggio a Washington; Meloni da Manama descrive quel progetto come «un’opportunità reale». La distanza con ciò che accade a Gaza resta intatta: i confini si ridisegnano a colpi di bulldozer e di fucile, mentre la diplomazia continua a parlare la lingua delle mappe e delle promesse.

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    2 min
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