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Page de couverture de Torino e Cultura

Torino e Cultura

Torino e Cultura

Auteur(s): Carlo De Marchis
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À propos de cet audio

Podcast sulle persone che fanno cultura a Torino. Ideato e prodotto da Carlo De Marchis.Carlo De Marchis Sciences sociales
Épisodes
  • Ep. 86 – Andrea Passenger: Torino, la musica e la ricerca di una consapevolezza sonora
    Nov 11 2025

    Andrea Di Maggio, in arte Andrea Passenger, vive a Torino da venticinque anni. È arrivato da Montegrosso d’Asti, con un amore per la musica che nasce tra cassette comprate in spiaggia e i primi vinili ascoltati fino a consumarli. Da appassionato è diventato produttore, DJ, fondatore di etichette come Light Touches, Icon of Desire e Dora Exp.

    La sua storia è quella di chi ha fatto della musica un modo per comprendere il mondo. “Torino mi accoglie e mi ospita, ma c’è sempre stato un rapporto di reciproco studio”, racconta. “È una città che a volte è dura, chiusa, ma anche profondamente ispirante.”

    Passenger non vede la musica come semplice intrattenimento. “Non e’ neutra. Ogni ritmo ha una storia, ogni suono un’origine.” Da questa idea è nato Better Days, il progetto all’Imbarchino che mescola talk e musica, raccontando le radici della disco, dell’house, dalle comunità afroamericane e queer. “Voglio che chi balla sappia da dove arriva quella musica. Non vale tutto.”

    La sua è una ricerca di consapevolezza e responsabilità culturale. “Viviamo tempi in cui serve ritrovarsi in modo più umano e reciproco. Io cerco di farlo attraverso la musica.”

    Nel suo percorso, Andrea si definisce più artigiano che artista: un ponte tra persone e idee. Ha collaborato con realtà come Jazz:Refound e TUM, sempre alla ricerca di un equilibrio tra libertà e appartenenza. “Mi piace esplorare, restare permeabile. Andare a scoprire giovani DJ, suoni nuovi. È così che resto vivo.”

    Il DJing, per lui, resta una forma di dialogo. “La mia ricerca è guidata dall’intensità. Voglio musica densa, vera, che mi smuova.” Nei suoi set convivono soul, house, broken beat, jazz e suoni africani. E quando mette i 45 giri, dice, “mi diverto di più: devi essere sul pezzo, rischiare. È lì che senti la vita nella performance.”

    I suoi viaggi lo hanno portato a suonare in Europa e in Giappone. “Lì il pubblico ascolta davvero. Ti seguono con attenzione, con rispetto. È un’esperienza diversa da quella europea, dove la musica è più legata all’intrattenimento.”

    La frase che lo rappresenta di più arriva da un amico: “Il DJ è un cameriere della musica”. Andrea sorride, ma ne riconosce la verità. “Abbiamo una responsabilità: proporre, ma anche far star bene le persone. Quando riesci a essere radicale e divertente allo stesso tempo, lì nasce la magia.”

    In un’epoca in cui tutto è consumo veloce, Andrea Passenger è un artigiano dell’ascolto. E Torino, con la sua lentezza e le sue ombre, resta la cornice ideale per chi non smette di cercare un suono che racconti qualcosa di vero.


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    31 min
  • Ep. 85: Guido Saracco – Torino, università e la cultura che costruisce fiducia
    Nov 4 2025

    Torino funziona quando sovrappone mappe: accademia, impresa, teatri, musei, media. Con Guido Saracco questa logica diventa metodo. Scienziato, ex rettore riformatore, oggi curatore che tratta la cultura come infrastruttura civica. “Da rettore mi sono trovato di fronte alla necessità di cambiare: il mondo corre, siamo nell’era dell’incertezza.” Il cambiamento non è solo contenuti, è metodo: didattiche attive, interdisciplinarità, contatto con problemi reali.Il punto non è “spiegare la tecnologia” dall’alto, ma metterla in scena in contesti che generano comprensione e fiducia. Così nasce il Festival della Tecnologia (2019) e poi Biennale Tecnologia, che ad aprile 2026 porterà in città un percorso sull’IA e il rapporto con l’umano, con mostre e collaborazioni tra istituzioni. Non un evento-isola, ma una filiera che intreccia linguaggi: mostre, incontri, produzioni, scuole.Accanto alla Biennale, Saracco spinge Prometeo – Tech Cultures: l’università che produce cultura insieme ai professionisti del settore. “Coltiviamo scienza e tecnologia con la ricerca, le insegniamo e adesso facciamo cultura per alzare la consapevolezza.” In pipeline cinque opere teatrali e due cinematografiche con esiti anche televisivi; partner come Teatro Stabile, TPE, Teatro Astra, artisti come Marco Paolini. Non vetrine, ma dispositivi che rendono i temi complessi più agibili, là dove spesso dominano ansia e polarizzazione.Questa visione nasce da una riforma profonda della formazione. Con Grandi Sfide al secondo anno, tecnologi e umanisti lavorano insieme; una scuola interna di pedagogia aggiorna i docenti su attenzione ed emozione nell’era del bombardamento informativo. L’ingegnere che immagina non è solo progettista: legge gli effetti sociali non intenzionali della tecnologia e lavora in team multidisciplinari. Il suo percorso personale lo conferma: dalla chimica (CO₂ come materia prima) ai libri “Chimica Verde 5.0” e “Tecnosofia” con Maurizio Ferraris, la traiettoria è ibridare saperi per governare le transizioni.L’intelligenza artificiale è il banco di prova. Opportunità di potenziamento dell’umano, ma anche rischio di concentrazione del potere e perdita di libero arbitrio. Qui Saracco propone una “slow artificial intelligence”: non un modello onnisciente, ma un alleato personale, in mano all’utente, che cresce con lui, con poche allucinazioni e conoscenza aderente ai percorsi reali. È il cuore del nuovo libro “Alleati digitali. La nostra IA personale”. “Non abbiamo bisogno di un LLM che sappia tutto, ma di una buona logica e di un patrimonio cognitivo utile.”Tecnologia come infrastruttura sociale significa anche guardare alla generazione della cura: figli disorientati, genitori più longevi, risorse scarse. “La tecnologia può aiutare, ma non sostituire la relazione.” Robotica di assistenza, telemedicina, strumenti che sostengano l’umano senza togliergli scena.Il disegno culturale si appoggia su luoghi concreti: l’accordo con l’Accademia delle Scienze e uno studio televisivo sul tetto del palazzo (con led wall e dotazioni professionali) pensato come risorsa aperta per la città. “Si chiama terza missione: portare contenuti seri che diano conforto, consapevolezza e fiducia nella scienza e nella tecnologia.”Resta un tratto umano che tiene insieme tutto: disciplina, equilibrio, lavoro su di sé come parte della stessa pedagogia che chiede a istituzioni e cittadini. La riforma della didattica, la produzione culturale, l’ibridazione dei linguaggi hanno una premessa comune: creare condizioni affinché la tecnologia sia scelta, non subita.

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    24 min
  • Ep. 84: Marzia Camarda - Torino e l'industria culturale: tra tradizione e innovazione
    Oct 28 2025

    Nell’episodio 84 di Torino e Cultura ho conversato con Marzia Camarda, una delle figure più incisive del panorama culturale italiano e torinese. Editor di professione, Camarda è responsabile editoriale del progetto Prometeo del Politecnico di Torino, presidente dell’Italian Cultural Content Industry e autrice del Dizionario di genere (Settenove).La sua visione parte da una convinzione chiara: la cultura non è solo un valore simbolico, ma può e deve diventare industria. Torino, dice, ne è la prova: “La capacità di trasformare la cultura in industria, dall’editoria al cinema alla musica, è nel DNA della città.” E ricorda come proprio qui sia nata la prima enciclopedia italiana, simbolo di un sapere che non resta nei libri ma diventa progetto collettivo.Questa eredità, per Camarda, non è nostalgia, ma identità produttiva: la base su cui costruire un presente in cui rigore intellettuale e spirito imprenditoriale convivono. È in questo solco che si inserisce il lavoro dell’Italian Cultural Content Industry, nata per mettere in rete le filiere creative — editoria, cinema, musica, fotografia, tecnologia — e farle dialogare. Un ecosistema fluido dove la contaminazione è valore e la collaborazione diventa metodo.“Serve la capacità di aprire linguaggi e mondi diversi”, sottolinea. Non per perdere la propria identità, ma per arricchirla. La cultura, in questa visione, non è più un comparto isolato: è una rete dinamica che attraversa discipline e pubblici, connettendo economia, ricerca e immaginazione.Un esempio concreto è Prometeo, il progetto del Politecnico di Torino che Camarda guida sul piano editoriale. È un laboratorio narrativo dentro un’università tecnica: un esperimento di comunicazione del sapere che traduce la complessità della ricerca in contenuti accessibili e coinvolgenti. “L’università non deve solo produrre conoscenza,” dice, “deve imparare a raccontarla.” Prometeo dimostra che anche l’innovazione tecnologica può diventare cultura, se raccontata nel modo giusto.Accanto a questo lavoro, Camarda porta avanti da anni un impegno profondo per la parità di genere. Il suo Dizionario di genere rappresenta il più grande censimento internazionale di termini legati all’identità, con oltre 2400 lemmi che mappano le parole del cambiamento sociale. “Se puoi nominarlo, puoi cambiarlo,” recita il claim del progetto. Il linguaggio, spiega, non è mai neutro: costruisce la realtà tanto quanto la descrive. Dare nome a fenomeni invisibili significa renderli pensabili, e quindi modificabili.In un’epoca in cui il dibattito sull’inclusione è spesso polarizzato, il lavoro lessicografico di Camarda è un atto di cura: fornisce strumenti concettuali per parlare di genere con precisione e consapevolezza. È anche un dispositivo educativo, utile a chi lavora nei media, nella scuola, nella sanità o nelle risorse umane — ambiti in cui le parole determinano comportamenti e percezioni.Durante la conversazione abbiamo riflettuto anche sulle nuove modalità di relazione nel mondo culturale contemporaneo. La digitalizzazione ha cambiato il modo in cui la cultura si produce e si fruisce, e oggi chi lavora nei contenuti deve possedere competenze sempre più trasversali. L’editor, dice Camarda, è ormai un regista di significati, un connettore di saperi che attraversa formati e tecnologie.Alla fine, la sua idea di cultura appare chiara: un terreno di sperimentazione continua, dove la tradizione diventa piattaforma per innovare. Torino, in questo senso, resta una città che “pensa più di quanto parli” — capace di costruire con discrezione, ma con una forza progettuale unica.L’incontro con Marzia Camarda restituisce l’immagine di una cultura viva, concreta, capace di generare valore e non solo di raccontarlo. È la prova che l’Italia può ancora pensare la cultura come motore di sviluppo, se la considera una competenza produttiva, non un lusso da proteggere.

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    14 min
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